Il mio primo blog, dedicato a te che mi hai aiutato a raccogliere i fiori per il nostro piccolo giardino nei posti più diversi, ripiantarli e condividere la gioia di vederli rifiorire!

Archivio per febbraio, 2011

Bucaneve doppio (campanellina)

Il suo nome botanico è leucojum della famiglia delle amaryllidaceae, così ho trovato scritto dalla mia ricerca sul web, ma io preferisco chiamarlo bucaneve doppio come si chiamava dalle mie parti e così mi avevano insegnato tantissimi anni fà quando quel piccolo bulbo l’avevo ripiantato.

La pianta è molto simile al bucaneve ma più grosso e alto. I suoi fiori si ereggono su un breve fusto alto circa 20-25 cm., con petali di colore bianco e una caratteristica macchietta verde/gialla all’apice. Il suo frutto (seme) è una capsula carnosa di colore verde. Le foglie sono alla base, strette e lunghe, lucide sopra e con una nervatura centrale.

Ha una durata perenne, fiorisce a fine inverno e può essere coltivata sia nei giardini rocciosi o in uno semplice come il mio, in pieno sole o meglio a mezz’ombra.

Si propagano tramite i bulbi, staccando in autunno quelli che si sono formati ai lati del principale con un coltellino affilato e ripiantati in terreno fertile. Dovrebbero rifiorire l’anno successivo, se invece si usa il seme la fioritura si vedrà dopo 5 o più anni.

Io non l’ho mai fatto ed anche quest’anno mi ritrovo solo con 5 bellissimi bucanevi doppi fioriti dall’unico bulbo.

Non ci avevo pensato prima di fare questa ricerca, il prossimo autunno proverò, grazie a voi amici della natura!

All’inizio del mio blog ne avevo decritto anche la leggenda.

Bucaneve selvatico

E’ appena passata la Candelora e ho visto anche quest’anno rifiorire quei piccoli bulbi dei bucanevi che insieme avevamo raccolto sulle sponde del nostro fiume tantissimi anni fa.

Sono spuntati da quei pochi centimetri di zolla arida che non ho curato per mesi, ma loro hanno resistito e si sono fatti rivedere, per ricordarmi che ci sono ancora fra quelle foglie morte che devo ripulire e sono fra i primi a rifiorire come l’anno scorso che avevano fatto capolino da sotto la neve!

Generalità: bulbosa perenne originaria dell’Europa che forma ampi ciuffi di fiori e foglie. E’ una delle prime piante che fioriscono a fine inverno, da qui il nome; i bulbi di solito si interrano a ciuffi, in modo da produrre macchie di colore allo sbocciare dei fiori, che sono piccoli fiorellini a campanella bianchi, con le corolle rivolte verso il basso costituite da due file di petali, i più interni solitamente presentano macchie verdi sulle punte. Esistono molte cultivar tutte comunque a fiore bianco: “mighty atom” ha fiori molto grandi, “g.n. lutescens” presenta macchie gialle sui petali e i fiori hanno corolle doppie.

Bianchi, candidi, discreti e speciali.

Croco

 Mi ha sfidato dicendo “i miei sono più belli!” e allora ho messo la sua foto per prima accompagnata da un semplice grazie.

Cominciano a spuntare con i loro petali colorati…

Fiore di straordinaria bellezza, l’armonioso e delicato croco simboleggia la passione e l’amore sensuale, non è un caso quindi che appartenga a quelle specie in grado di prosperare nei giardini rocciosi. D’altra parte però crochi Orz.o 004-001 crochi Orz.no 005-001 crochi Orz.o 003-001il croco da questo punto di vista è un fiore particolarmente versatile e può essere coltivato tanto in aiuola quanto in vaso su balconi e terrazze cui non mancherà di dare un tocco di raffinatezza e di colore.

crochi Orz.no 002-001Ed è proprio l’autunno il momento giusto per mettere a dimora i cormi (tipi di bulbo) da cui nascerà la pianta fiorita. Più precisamente, da Settembre fino a Novembre possono essere piantati i crochi a fioritura invernale-primaverile (crocus aurens, crocus bifloreus, crocus angustifolius) che sbocceranno già a fine febbraio, mentre

per quelli a fioritura autunnale bisognerà aspettare il mese di Luglio.

Il nome scientifico deriva dal greco krokos che significa “filamento”, a indicare gli stimmi sottili e lunghi che caratterizzano la corolla.
Queste pianticelle, e soprattutto il C. Sativus, erano conosciute sin dall’antichità: da esse si ricavava già allora lo zafferano, che serviva per preparare una pomata detta “unguento crocino”.

Io uso lo zafferano per colorare un buon risotto con ossobuchi alla milanese e per altre ricette.